I tagli apportati continuamente alle pensioni, oltre ad aggravare la condizione dei pensionati, si riveleranno controproducenti per l’economia del Paese, per gli investimenti, e incideranno anche sulla fiducia dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni. Effetti collaterali che occorrerà tenere nella dovuta considerazione.
Continuerà anche nel 2024 la falcidia delle nostre pensioni.
Anche nel prossimo anno (a meno di improbabili ripensamenti governativi dell’ultima ora), saranno utilizzati gli stessi parametri del meccanismo di adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita (perequazione) già disposti con la legge di bilancio 2023. È il meccanismo più devastante mai finora applicato da precedenti Governi.
I maggiori tagli, in misura crescente, sono posti a carico dei pensionati con trattamenti superiori a 4 volte il minimo INPS. Dalle analisi svolte da Itinerari Previdenziali (La svalutazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo, 16 dicembre 2022) sappiamo che i pensionati sopra i 2.500 euro di pensione lorda, nei prossimi 10 anni subiranno una perdita che va dai 13mila euro agli oltre 115mila per i pensionati con un assegno di 10mila euro lordi, meno di 6mila netti. Questa perdita va ad aggiungersi a quella dei 10 anni precedenti che supera in termini di poter d’acquisto, il 10%. Stando agli interventi che si sono succeduti in poco più degli ultimi 20 anni (sette tra blocchi totali e modifiche peggiorative del meccanismo perequativo) osserviamo la tendenza all’azzeramento del meccanismo di adeguamento all’inflazione. Sovrapposte, anche in termini temporali, a queste perdite vanno sommate le riduzioni praticate con i c.d. “contributi di solidarietà” (cinque, di cui uno esclusivamente a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni speciali quali Fondo Volo, Telefonici, Elettrici, Ferrovieri, Ferrotranvieri, Inpdai, tutti confluiti nell’INPS).
Le iniziative giudiziarie contro il meccanismo perequativo introdotto con la citata legge di bilancio 2023, la nostra Confederazione (CIDA) si è impegnata a sostenere ricorsi pilota presso i Tribunali di merito (ordinari e Corte dei Conti). Ci aspettiamo che queste magistrature accolgano i ricorsi nonché escluso, però, che siano rimessi alla Corte Costituzionale. In questo caso, ci auguriamo che dichiari la illegittimità delle norme penalizzanti sopra richiamate.
Le iniziative sindacali affiancheranno l’iter giudiziario incontri e dibattiti promossi dalle nostre Organizzazioni, cui saranno invitati anche esponenti politici, perché avvertano la contestazione silenziosa che i pensionati si portano dentro per il fatto di vedersi continuamente tartassati dalla lunga catena di prelievi e da modifiche peggiorative del sistema di perequazione. Sarà importante, allora, rompere quel silenzio e far sentire la nostra voce (molte voci):
- per denunciare la manipolazione cui è sottoposto il nostro sistema previdenziale. Un sistema che si sta trasformando sempre più in un impianto a sfondo sostanzialmente assistenziale. Le risorse, per gran parte, saranno prese dalle tasche di quei pensionati che per una vita hanno pagato contributi e tasse con prelievi alla fonte.
- per sollecitare i vertici istituzionali a smettere di guardare solo all’andamento dei consensi legati a scappatoie per mandare in pensione anticipata un po’ di lavoratori. I costi si scaricheranno sul bilancio pubblico, con inevitabili ulteriori appesantimenti sulle spalle di quelli che già pagano imposte pesanti, al limite della sopportazione. È importante, invece, che i politici facciano i conti sul lungo termine al fine di garantire che le risorse siano distribuite in modo giusto tra le diverse generazioni senza sacrificare l’equità e il benessere economico generale. Buon senso dunque, che significa capire, una volta per tutte, che le politiche con le quali vengono tolti i soldi dalle tasche dei pensionati non sono proprio un affare; significa capire che, alla fine, quelle politiche oltre ad aggravare ulteriormente la condizione dei pensionati, si riveleranno controproducenti per l’economia del Paese, per gli investimenti. Un boomerang. Con conseguenze anche sulla tenuta della fiducia dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni. Tutti effetti collaterali che vanno tenuti nella dovuta considerazione. Argomenti, questi, di cui abbiamo parlato più volte in questa Rivista. E che ci è sembrato opportuno, ancora una volta, riproporli, almeno quelli più significativi, perché possano servire eventualmente come spunti da utilizzare nei prossimi incontri e dibattiti.
Effetti economici e fiscali
Risparmio parziale. Non è tutto risparmio quello prodotto dagli interventi riduttivi sulle pensioni. È solo un risparmio parziale. Perché quel risparmio va calcolato al netto delle minori imposte sul reddito. Infatti, quasi la metà dell’importo calcolato come minore spesa pensionistica viene assorbito dal mancato gettito fi scale (Irpef e addizionali regionali e comunali).
Effetti sull’economia. La riduzione delle prestazioni pensionistiche può tradursi in una minore capacità di spesa da parte degli anziani, influenzando negativamente la domanda interna e rallentando l’economia nel suo complesso. Infatti, i pensionati che osservano la progressiva riduzione del potere d’acquisto dei loro trattamenti sono indotti a spendere sempre meno. E questo porta, inevitabilmente, a una diminuzione della domanda aggregata. Ne sono colpiti soprattutto i settori del commercio al dettaglio, l’industria manifatturiera e i servizi. Le conseguenze vanno calcolate, perciò, sulla base della minore crescita economica: minori consumi e, quindi, anche in questo caso, in relazione agli effetti a catena sul minore gettito fiscale.
Effetti sugli investimenti. Via via che si riduce il potere d’acquisto, i pensionati sono indotti a ridurre il loro livello di investimenti. Questo può avere un impatto negativo sul lungo termine, rallentando, così, la crescita economica e l’innovazione.
Impatto sul Sistema Sanitario. Le persone anziane spesso devono integrare le prestazioni mediche e sanitarie prelevando dalle loro pensioni. Man mano che il loro potere d’acquisto diminuisce sono costrette a mettere sotto pressione il sistema sanitario pubblico che già fatica a garantire il diritto alle cure. In altre circostanze sono costrette a rinunciare a cure mediche necessarie. I loro problemi di salute via via si aggravano, con evidenti maggiori costi sanitari sul lungo termine
Effetti sulla fiducia nei confronti delle Istituzioni
I provvedimenti riduttivi delle pensioni sono avvertiti, ormai, come un attacco alla classe media dei pensionati. Una sensazione che deriva da una serie di fattori interconnessi che vanno oltre la superficie delle cifre, coinvolgendo elementi emotivi, giustizia sociale e il senso di sicurezza finanziaria dei pensionati. Per quanto si vogliano giustificare le riduzioni con riferimento a esigenze di bilancio pubblico e previdenziale, la misura delle perdite cumulate, anche per l’effetto trascinamento delle perdite vita natural durante del pensionato, fa emergere la percezione di una sorta di punizione a carico di chi ha lavorato di più e si è caricato di responsabilità e rischi nel corso degli anni lavorativi.
I provvedimenti riduttivi sono considerati un ulteriore carico fiscale sulle spalle di una sola categoria sociale, la classe media dei pensionati. E questo alimenta un clima di sfiducia nelle pubbliche istituzioni. Il clima di sfiducia si manifesta con particolare evidenza in occasione delle competizioni elettorali. L’aumento dell’astensione è determinato da una serie di fattori complessi che, sempre più spesso, si ritrovano nelle motivazioni di quelli che non vanno a votare per reazione contro la “cattiva politica”. Come viene generalmente definita la politica che discrimina, che introduce iniquità fiscali, che non valorizza il lavoro e il merito, che si rivela incapace di mettere in campo una normativa sulla protezione dei rischi della vecchiaia. L’elenco potrebbe continuare. In generale, tutti questi fattori contribuiscono a minare la fiducia dei cittadini nel processo politico ed elettorale. Con effetti non del tutto prevedibili.
Conclusioni
Spetta alla buona politica, allora, ripristinare fiducia nelle istituzioni dello Stato. Anche per quanto riguarda il sistema pensionistico la buona politica può invertire la deriva in atto. Una politica che tenga conto degli argomenti sopra esposti, coerenti con le indicazioni che ci vengono da Federmanager/CIDA. Li riproponiamo come conclusione come premessa fondamentale a questi interventi.
Separare il sistema previdenziale dal sistema assistenziale, per un più attento controllo della spesa di ciascuno dei due; peraltro, la confusione fra i due sistemi fa apparire la spesa pensionistica del nostro Paese eccessiva rispetto a quella di altri Paesi europei;
Combattere l’abusivismo assistenziale: troppi furbi si appropriano di risorse che invece dovrebbero essere destinate ai più svantaggiati.
Studiare una Riforma previdenziale che preveda anche modalità d’investimento dei contributi versati, al fine di assicurarne la sostenibilità per le future generazioni.
Affrontare in maniera diffusa ed efficace l’evasione fi scale e contributiva, utilizzando tutti gli strumenti offerti dalla nuova tecnologia dell’informazione.
Realizzare un Riforma fiscale che assicuri un’equità orizzontale del sistema. In pratica: che i prelievi fiscali siano attuati sulla base di misure applicate a redditi equivalenti, non in ragione della fonte dei redditi.
Mino Schianchi
Vicepresidente ALDAI-Federmanager
Per gentile concessione “Dirigenti Industria”