Cari Colleghi,
Questo vuole essere il mio intervento di chiusura del mandato che mi avete affidato come Presidente del Comitato di Coordinamento Nazionale Gruppi Pensionati Federmanager.
Sei anni con voi. Potrei fare il racconto di questi anni della mia Presidenza in pochissime parole. Abbiamo combattuto una battaglia continua per difendere l’integrità delle nostre pensioni contro i provvedimenti dei Governi che si sono succeduti in questi anni, dal 2015 ad oggi. Governi che hanno operato come fanno gli atleti nella staffetta 4 x100: si sono passati il testimone per ridurre le nostre pensioni. E noi, che ci siamo opposti con tutti i mezzi democratici disponibili, non abbiamo vinto, ma abbiamo solo contenuto i danni.
Credo però che una sintesi così stringata non sarebbe rispettosa dell’impegno e degli sforzi compiuti non solo da me, ma da tanti colleghi che con me hanno operato, e della Direzione di Federmanager che ha sostenuto e guidato le nostre iniziative. E qui ringrazio sia i colleghi che Federmanager.
Per il rispetto che dobbiamo a tutti quelli che hanno operato in questo campo della tutela dei redditi dei pensionati consentitemi questa breve cronistoria.
Dal 2008 il nostro paese ha attraversato crisi continue che hanno raggiunto il culmine con la pandemia ancora in corso; il reddito pro-capite è sceso significativamente e questo ha spinto i governi a guardare ai più bisognosi e ad attuare politiche redistributive. Ve lo ricorderete tutti, specie i più anziani. Da allora le nostre pensioni sono state il bancomat di prelievo per tutte le circostanze. Molti di noi, almeno negli ultimi anni, hanno subito più prelievi, truccati da “contributi di solidarietà”.
In questo contesto abbiamo assistito anche alla guerra ai “fondi speciali” attuata da Boeri con l’obiettivo di colpire l’ex Fondo INPDAI, reo di aver scaricato sull’Inps un’ingente situazione debitoria, dovuta a pensioni troppo “generose”. Grazie all’azione di Federmanager, Boeri si è dovuto ricredere su queste posizioni avendo scoperto che, per retribuzioni elevate, il sistema di calcolo contributivo poteva essere addirittura più conveniente di quello retributivo.
Sono quindi stati due i fronti su cui i pensionati sono stati chiamati a confrontarsi.
1. Le continue manipolazioni in peggio del sistema di adeguamento delle pensioni al costo della vita, la cosiddetta perequazione.
2. I frequenti provvedimenti riduttivi mascherati da “contributi di solidarietà”.
La nostra opposizione a questi provvedimenti non è stata mai preconcetta. A fronte degli anni difficili della nostra economia e difronte all’esigenza di migliorare le condizioni di vita dei più svantaggiati, noi ci siamo dichiarati sempre disponibili a dare una mano; a contribuire con le nostre pensioni. La nostra opposizione ha avuto una sola motivazione. Abbiamo richiesto di sottoporre agli stessi prelievi non solo i redditi pensionistici, ma tutti i redditi equivalenti. Per una ragione di equità. Ma anche perché una contribuzione aggiuntiva così generalizzata avrebbe veramente portato un forte sostegno ai più svantaggiati. Questo, e solo questo abbiamo chiesto. E solo questo è stato il nostro obiettivo quando ci siamo battuti come Federmanager e come CIDA in audizioni parlamentari, comunicati stampa, articoli, interviste, convegni, ecc. A questo fine, spero abbia aiutato il dibattito e la formazione di opinioni anche la divulgazione di articoli e documenti che ho effettuato ai Referenti Pensionati delle nostre strutture territoriali.
Nello stesso tempo, sulle pensioni sono state applicate perequazioni penalizzanti, che per il loro effetto di trascinamento hanno prodotto riduzioni delle nostre pensioni oltre il 15-20%. Un effetto che permane per tutta la vita dei pensionati e che si ripercuote anche sulle pensioni di reversibilità.
Ma non è finita lì. Anziché rompere la commistione tra previdenza e assistenza, come abbiamo sempre richiesto e continuiamo a richiedere, c’è stata e permane la tendenza a imboccare la direzione inversa, quella di un sistema prevalentemente assistenziale, senza il riconoscimento, ai fini pensionistici, delle capacità, delle iniziative, dei meriti di ciascuno, e, perfino, dei contributi versati. A questo risultato avrebbe potuto portare la proposta di modifica dell’articolo 38 della Costituzione. Anche su questi fronti abbiamo dovuto combattere. Abbiamo sconfitto, con la nostra resistenza, queste proposte, ma la Politica dominante di quegli anni passò al concetto di solidarietà. Una solidarietà contro qualcuno. E quel qualcuno eravamo noi. Sulla base di questa teoria, si volevano ricalcolare con il metodo contributivo tutte le pensioni attribuite con il metodo retributivo. Un ricalcolo improbabile, tecnicamente impossibile, e, per giunta, incostituzionale.
Una teoria pregiudiziale e oltraggiosa costruita su informazioni false e dati manipolati. Diceva che le pensioni medio alte erano pensioni “privilegiate” e che chi le percepiva non aveva versato i contributi, ovvero ne aveva versati solo pochi. Non era vero. E’ stato dimostrato che altre erano le pensioni truccate, o che comunque, venivano erogate senza il sostegno dei contributi. Avrebbero dovuto chiederci scusa. Nessuno l’ha fatto. E, comunque, questa bufala ci ha ancora una volta danneggiato. Anche sul piano personale. Alcuni di noi, nei luoghi pubblici, sono stati additati come dei disonesti, abusivi di pensioni non guadagnate. Peggio è andata a chi nei talk televisivi è stato messo alla gogna per essersi prestato, ingenuamente, alla richiesta di qualche conduttore beffardo che, con la scusa di chiarire pubblicamente la situazione dei pensionati, utilizzava le trasmissioni come tribunale del popolo. Una gogna mediatica, vergognosa, esposta sotto forma di spettacolo. Metodo giacobino.
Ancora stiamo pagando lo scotto di quella teoria infamante. Perché dopo che fu dimostrata l’impraticabilità di quella operazione di ricalcolo, furono applicati provvedimenti riduttivi sotto altra forma (c.d. contributo di solidarietà), per cinque anni sulle pensioni (poi ridotti a tre dalla Corte Costituzionale) e, contemporaneamente, ancora una volta, una perequazione penalizzante che si è aggiunta alle precedenti.
La paziente opera di trattativa condotta da Federmanager sui tavoli di governo e della politica ha evitato il peggio. Due esempi.
Il primo: siamo riusciti ad alzare il tetto di esenzione del contributo di solidarietà da 80.000 a 100.000 euro, questo risultato ha consentito di salvaguardare ben 12.500 nostro colleghi e ha ridotto l’impatto per le retribuzioni contigue a 100.000 euro;
Il secondo: il Governo (legge di bilancio 2019) voleva azzerare la perequazione per le pensioni al disopra di 90 mila euro lordi annui, la pressione della nostra Federazione costrinse il Governo a recedere. La rivalutazione, sia pure limitata, fu applicata anche su queste
Ne è risultato quindi un raffreddamento delle pensioni più come fatto simbolico che per l’effettivo risparmio, infatti le maggiori riduzioni portavano un significativo danno solo alle tasche dei pensionati colpiti da quei provvedimenti, mentre modesti sono stati i risparmi per le casse pubbliche. Finiranno questi provvedimenti, se finiranno, alla fine di quest’anno.
Infine, assisiti dalla consulenza legale messa a disposizione da Federmanager e CIDA ci siamo difesi presentando ricorsi dinanzi ai Tribunali ordinari del lavoro e dinanzi alla Corte dei Conti. Lì, in prima istanza, abbiamo avuto ragione. Le nostre tesi sono state sempre accolte. Ma sono andate a sbattere contro gli scogli quando sono finite nel mare dello scontro fra i principi costituzionali da una parte e la pressione della Politica dominante dall’altra. Ancora una volta abbiamo avvertito il clima sociale avvelenato da una campagna di ostilità contro di noi, che si è manifestata concretamente nella durezza di sentenze sfavorevoli. La Corte Costituzionale che si muove sempre su un crinale difficile, tra l’esigenza di rispetto dei principi fondamentali e le aspettative della Politica, ha respinto i nostri ricorsi. E ha elaborato tesi che devono far pensare: noi e le generazioni di pensionati dopo di noi.
A chi volesse fare un riepilogo di queste vicende giudiziarie propongo di andarsi a rileggere la sentenza Costituzionale n. 250 del 25/10/2017 e la sentenza n.234, del 22/10/2020, dove è detto che i provvedimenti che riducono le nostre pensioni non sono irragionevoli perché le stesse sono dotate di sufficienti margini di resistenza rispetto agli effetti dell’inflazione. Una tesi che, in un nuovo contesto di politica governativa, potrebbe portare tutte le pensioni al livello della sopravvivenza, senza tenere conto né dei contributi versati, né del merito. Un solo limite è stato posto: che quei provvedimenti siano conformi ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza. Parametri vaghi, aleatori, che espongono le nostre pensioni alla variabilità delle politiche di Governo. Le nostre pensioni sono potenzialmente esposte a prelievi continui, perché giudicate dotate di resistenza al fenomeno inflattivo. I giovani che ci succederanno come pensionati hanno di che pensare.
Prima di concludere vorrei precisare bene questo concetto: i provvedimenti contro di noi prima di essere del Governo e prima di entrare nella valutazione dei Giudici, sono provvedimenti voluti dalla Politica. E la Politica si muove non solo con la forza delle idee ma anche con la spinta dei numeri, realisticamente, siamo una “democrazia elettorale”.
Il numero non è tutto ma è anche forza. Più siamo, più è rilevante il nostro peso quando ci opponiamo a prevaricazioni e abusi di chi gestisce il potere. Ce lo diciamo spesso: l’unione fa la forza. Ma poi dal detto dobbiamo passare ai fatti. Sulla questione pensioni e aspetti connessi, noi dobbiamo compiere un ulteriore sforzo organizzativo coinvolgendo unitariamente tutte le componenti della nostra Federazione, ma anche promuovendo contatti e intese con altre Organizzazioni. Le proposte e le idee ci consentiranno di confrontarci con le altre parti sociali; e la Politica, a sua volta, dovrà fare i conti anche con la forza dei numeri.
In questo campo c’è ancora molto lavoro da fare. Chiunque sia il Presidente dopo di me, sosteniamolo, con la forza delle idee ma anche allargando il supporto degli iscritti a Federmanager e all’Organizzazione dei pensionati, tanto a livello nazionale quanto a livello territoriale.
Io mi fermo qui, ma, anche se con altre funzioni, resto a battermi insieme a voi.
GRAZIE PER L’ATTENZIONE E PER IL SOSTEGNO CHE MI AVETE DATO, BUON LAVORO E FORZA FEDERMANAGER/PENSIONATI
MINO SCHIANCHI