Lo stipendio va chiarito già al colloquio di lavoro, le nuove regole Ue sulla trasparenza salariale: cosa prevede la direttiva di Bruxelles
Una volta che il Consiglio Ue avrà dato il suo via libera definitivo, gli Stati avranno tre anni di tempo per recepire la direttiva
Più trasparenza sugli stipendi e lotta al gender pay gap. La scorsa settimana, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulla trasparenza salariale proposta dalla Commissione ormai più di due anni fa. Più precisamente, a marzo 2021. La novità principale è inserita nell’articolo 5 del documento, che prevede l’obbligo per le aziende di «individuare il livello retributivo iniziale o la relativa fascia da corrispondere al lavoratore per una specifica posizione o mansione». Un’informazione che dovrà essere fornita già nell’annuncio di lavoro o, al più tardi, durante il primo colloquio, «senza che sia il candidato a richiederlo». La direttiva è stata approvata dall’Eurocamera a larghissima maggioranza: 427 voti favorevoli, 76 astenuti e 79 contrari. A questo punto, manca solo il via libera definitivo del Consiglio, che dovrà accogliere formalmente il testo approvato durante la mini plenaria di Bruxelles. Una volta che la direttiva entrerà in gazzetta ufficiale, i Paesi membri avranno tre anni di tempo per recepirla.
Le nuove regole per le aziende
La trasparenza salariale è un tema diventato sempre più discusso negli ultimi anni. Il trend è iniziato negli Stati Uniti, dove grandi aziende come Alphabet e Ibm hanno cominciato a rendere espliciti nei propri annunci di lavoro lo stipendio previsto per i candidati. Lo scorso anno, Colorado e New York sono diventati i primi due stati americani a prevedere tale obbligo per le aziende. E, secondo il New York Times, alla lista potrebbero aggiungersi presto anche la California e lo stato di Washington. La nuova direttiva europea prevede poi anche un’altra novità. Nei contenziosi legali, infatti, l’onere della prova passerà dal dipendente al datore di lavoro. In altre parole, se un lavoratore ritiene che non sia stato applicato il principio di parità di retribuzione, sarà l’azienda a dover dimostrare che non c’è stata alcuna discriminazione. In aggiunta a questo, l’articolo 5 della direttiva sancisce il divieto per i datori di lavoro di chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione che percepiva nei suoi impieghi precedenti.
Contrasto al gender pay gap
Oltre al cosiddetto «segreto retributivo», il testo approvato dall’Eurocamera affronta anche il tema del gender pay gap, ossia la differenza tra i salari percepiti dagli uomini e dalle donne per la stessa mansione di lavoro. La direttiva prevede che i livelli salariali di un’azienda e gli annunci per l’apertura di nuove posizioni siano neutri rispetto al genere. Non solo: se la rendicontazione di un’azienda dovesse mostrare un divario retributivo di almeno il 5% tra uomini e donne, i datori di lavoro saranno costretti a valutare misure correttive. Il testo approvato dal Parlamento europeo non prevede sanzioni specifiche, ma delega ai singoli Stati la possibilità di istituire ammende «proporzionate e dissuasive». Secondo gli ultimi dati Eurostat, relativi al 2021, le donne in Europa guadagnano in media il 12,7% in meno degli uomini, con differenze sostanziali tra Paese e Paese: si va dal 20,5% dell’Estonia al 5% dell’Italia. Anche se va ricordato che nel nostro Paese sono le donne a soffrire di più per il problema della precarietà nel mondo del lavoro.
[Fonte: Open Online, a cura di Gianluca Brambilla]